mercoledì 10 agosto 2016

Crocefissi e mezuzot di stato





L'articolo [1] riferisce che la Lega vuole multare chi rimuove o vilipende il crocefisso che si trova in un ufficio pubblico; l'obbiettivo di ciò è quello di trasformare il crocefisso da simbolo religioso a simbolo di italianità - nonostante l'Unità d'Italia si sia svolta contro la chiesa cattolica.

E nonostante le minoranze religiose presenti nel nostro paese (tra cui gli ebrei, che hanno dato un contributo più che proporzionale alla loro consistenza numerica al Risorgimento e pure alla Resistenza) rispettino il crocefisso come simbolo di una fede (quella cristiana cattolica), ma rifiutino il volerne fare uno dei simboli dello stato, perché sanno che questo le priverebbe della pari dignità più ancora dei concordati del 1929 e del 1984.

Non tutti stimano lo stemma della Repubblica Italiana, ma esso ha evitato di cooptare simboli religiosi ad una funzione impropria - e non a caso, perché il suo autore, Paolo Paschetto, era valdese (vedi [2]).

Inoltre, chi si entusiasma tanto per questa proposta dovrebbe leggere con attenzione [3]: una ricerca svolta in Israele mostra che le numerose leggi che lì costringono gli ebrei a praticare la loro religione anche controvoglia (particolarmente vituperata è la mancanza del matrimonio civile - a cui i più abbienti rimediano sposandosi all'estero e chiedendo la trascrizione del matrimonio) stanno alienando gli ebrei dalla fede dei padri.

Particolarmente allarmati sono proprio gli ebrei religiosi, che vorrebbero che le persone praticassero la loro fede per convinzione, e non per coazione - sebbene l'ebraismo, al livello più elementare, si configuri come un'"ortoprassi" anziché un'"ortodossia", ovvero agire rettamente (pur controvoglia) val più dell'avere delle valide convinzioni che rimangono inerti.

E tutto questo nonostante la religione ebraica abbia più ancora di quella cristiana una funzione identitaria: per la maggior parte degli ebrei (tra le poche eccezioni ci sono lo scrittore A. B. Yehoshua e, a molte lunghezze di distanza per fama e qualità letterarie ed umane, il sottoscritto) non si può appartenere al popolo ebraico se non si professa una delle varietà della religione ebraica - ed è inutile negare (lo ammette lo stesso suo governo) che lo stato d'Israele è a misura degli ebrei, non di tutti i suoi cittadini.

Eppure proprio gli ebrei profondamente religiosi (e non legati all'establishment politico-religioso) si rendono conto che la fede è come l'amore: solo se puoi dire di no il tuo sì ha senso.

Una proposta di legge come quella leghista, se approvata, produrrebbe gli stessi effetti in Italia: farebbe del cristianesimo cattolico (già in declino nel favore dei battezzati) una statua di bronzo cavo a guardia di una tomba vuota - l'identità nazionale italiana, che i leghisti non sanno cosa sia, visto che cercano di decorarla con simboli ad essa estranei.

Se la gerarchia ecclesiastica cattolica fosse intelligente quanto gli ebrei intervistati in [3], si opporrebbe subito ad una proposta del genere, perché capirebbe che farebbe rischiare al cattolicesimo la fine del paganesimo - svuotato di senso quando diventò il culto dello stato, e facilmente soppiantato dal cristianesimo.

Non apprezzo tutte le manifestazioni del cristianesimo statunitense, ma è stato osservato che proprio la nazione occidentale che ha sancito la separazione della religione dallo stato con il Primo Emendamento, è la più religiosa (e la più cristiana) del mondo sviluppato - mi pare una bella controprova di quanto la proposta leghista sia inutile e rovinosa.

Mi hanno insegnato a non sottovalutare i leghisti, nemmeno quando sembrano le muse ispiratrici di Donald Trump (preceduto, nelle minacce di ricorrere alle armi dei suoi seguaci, da Umberto Bossi), e devo chiedermi se il loro obbiettivo a lunga scadenza non sia strumentalizzare il cristianesimo cattolico, ma sostituirlo con un culto idolatrico, magari della "razza piave", che ho tutti i motivi per aborrire.

Ci manca qui un Karl Barth che sappia attualizzare l'esperienza della "chiesa confessante" e della Dichiarazione di Barmen [4].

Raffaele Yona Ladu
Ebreo umanista

sabato 6 agosto 2016

Risposta a due papi sulle persone trans



Il 2 Agosto 2016 il sommo pontefice Francesco 1°, nato Jorge Maria Bergoglio, ha tenuto un discorso ai vescovi polacchi a Cracovia, di cui riporto questo brano tratto da [1]:

(inizio)

Papa Francesco: (...) C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio.

E qui vorrei concludere con questo aspetto, perché dietro a questo ci sono le ideologie. In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con “nome e cognome” - è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato “incolto”! Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “E’ l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E questo ci aiuterà.

(fine)

Questo brano è stato giustamente e ferocemente criticato.

Il fatto che in Argentina, Danimarca, Malta, ed in altri paesi del mondo (troppo pochi, secondo me) sia possibile cambiare genere anagrafico semplicemente con una dichiarazione davanti ad un notaio o pubblico ufficiale competente, senza bisogno non dico di trattamenti medico/chirurgici, ma neppure di certificazione medica, non significa che ad una persona possa venire in mente di farlo solo perché le hanno spiegato a scuola che questo è legalmente possibile.

E tutti conoscono la storia di David Reimer, a cui fu imposta un'identità di genere che non gli si addiceva, e che finì con il togliersi la vita.

E chiunque abbia avuto la pazienza di leggersi Judith Butler sa che non solo lei conosce la storia di David Reimer, ma avverte anche che il genere non è un abito che una persona può scegliere di indossare la mattina, perché senza genere il soggetto non riesce nemmeno a costituirsi.

L'"ideologia del genere" contro cui tuona Francesco 1° esiste soltanto nella mente di Benedetto 16°, che ha bisogno di un avversario dialettico per la sua metafisica, che si basa su una lettura pedestre e storicamente determinata di Genesi 1:27: "Maschio e femmina li creò".

Pedestre, perché non esistono corpi completamente maschili e completamente femminili - anche trascurando il caso degli intersessuali, già il pensare che anche gli uomini hanno le mammelle dovrebbe insegnare che la dicotomia maschio/femmina proposta da codesta lettura non ha riscontro nella realtà.

L'esegesi ebraica in questo caso insegna che il brano va interpretato in senso metaforico; alcuni rabbini riformati (di ogni genere, non solo maschile) lo interpretano ricorrendo alla figura del "merismo".

Ovvero, allo stesso modo in cui nella Genesi il parlare del giorno e della notte non esclude che nella giornata si susseguano anche il crepuscolo e l'aurora, il mezzogiorno e la mezzanotte, così il parlare della perfetta mascolinità e della perfetta femminilità non impedisce che esistano tutte le gradazioni intermedie, tutte previste e lecite.

Nel Talmud ci sono, oltre ai due generi "maschio" e "femmina", altri quattro generi ("saris = eunuco maschio", "aylonit = eunuco femmina", "tumtum = persona senza organi genitali evidenti", "androgynos = persona con organi genitali di più di un sesso") e da venti secoli circa i rabbini si affaticano a capirne le peculiarità, ovvero fino a che punto si possono ricondurre i quattro generi supplementari ai due generi primari, in termini di diritti e doveri religiosi. 

E gli ebrei non ortodossi (riformati, conservatori, ricostruzionisti, umanisti, rinnovatori - e sicuramente ci sono altre correnti che ignoro) ordinano tranquillamente rabbin* intersessuali, transessuali e transgender (nonché omosessuali e bisessuali), non trovando nella loro condizione alcun contrasto con le norme bibliche o comunque religiose.

La lettura dei due papi di Genesi 1:27 è storicamente determinata: l'ossessione per il binarismo dei generi nasce nel 19° Secolo EV, ed infatti il primo commentatore ebreo che condividerebbe codesta lettura credo sia stato rav Samson Raphael Hirsch (1808-1898 EV), che nel suo commento al Pentateuco (1867-1878 EV) scrisse che, sebbene tutti gli esseri viventi siano stati creati maschio e femmina (si è sbagliato, lo sappiamo), soltanto nel caso dell'essere umano lo si era voluto esplicitare, per rimarcare che essi erano stati creati a Sua immagine.

Un po' strano che una cosa che doveva essere evidente fin dal 5° Secolo AEV (periodo in cui era attiva a Babilonia la Fonte Sacerdotale, a cui si attribuisce comunemente quel brano) sia stata notata solo 24 secoli dopo! Rav Hirsch, come tutti gli esegeti, non poteva non porre al testo biblico gli interrogativi della società in cui viveva, ma non si era reso conto di quanto fossero figli della sua epoca.

L'identità di genere non è necessariamente coincidente con il sesso biologico; quando c'è una discrepanza che si fa? Insistere che una persona faccia di tutto per farle coincidere (è il messaggio più volte ripetuto da Francesco 1° e da Benedetto 16°) non solo è completamente inutile (non si può cambiare identità di genere), ma è anche profondamente ingiusto.

È fin troppo facile paragonare il cissessismo (così si chiama tecnicamente quello che esigono i due papi) al razzismo (la razza predetermina irreversibilmente quello che una persona può fare) ed al classismo (la classe sociale dei genitori predetermina altrettanto irreversibilmente quello che una persona può fare); inoltre il cissessismo presuppone il sessismo vero e proprio: non avrebbe senso pretendere che una persona mantenga la propria identità di genere coincidente con il sesso biologico, se ai sessi biologici non fossero attribuiti diritti e doveri diversi. L'attacco alle persone transgender implica un attacco alle donne ed alle loro conquiste.

L'essenza della modernità è il promettere ad ogni individuo che sarà il frutto delle proprie scelte, non delle scelte altrui, o di circostanze che non ha scelto; la postmodernità nasce dalla constatazione che esistono vincoli insopprimibili - ma quello che propongono i due papi è assolutamente premoderno, e c'è da chiedersi se sia anche coerente con il cristianesimo.

L'ebraismo dei tempi di Gesù aveva numerose preclusioni (in parte mantenute dall'ebraismo ortodosso anche oggi): per esempio, non si poteva officiare un sacrificio se non si era discendenti maschi di Aronne; non si poteva aiutare nel culto se non si era discendenti maschi di Levi; le donne erano escluse da buona parte del Tempio e del rituale, e durante il ciclo mestruale le esclusioni a loro danno crescevano.

Il messaggio di Gesù non si rivolgeva solo agli ebrei che i farisei guardavano dall'alto in basso perché inadeguati secondo i loro standard (standard che, in teoria, chiunque avrebbe potuto rispettare), ma infrangeva tutte le esclusioni - nazionali, di genere, e pure di orientamento sessuale [diremmo oggi - v. Luca 7:1-10] - su cui gli individui non avevano alcun controllo.

Logico corollario è il versetto di Galati 3:28: "Non c'è infatti né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina - tutti quanti voi siete infatti una cosa sola in Cristo Gesù". La modernità si manifesta come la versione secolarizzata di questo messaggio, che ha influenzato profondamente anche altre religioni, tra cui l'ebraismo.

Una cosa estremamente preoccupante del discorso papale è questa: il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica tre canoni (§§2357-2359 - vedi [2]) all'omosessualità, nulla alla transessualità ed al transgenderismo.

Per quanto siano insoddisfacenti, anzi, retrivi, i canoni sull'omosessualità, essi rappresentano comunque un riconoscimento di una realtà insopprimibile; le persone trans non recitano invece alcun ruolo nella chiesa cattolica come prevista da quel catechismo.

Il rischio è le associazioni di omosessuali cattolici (ci sono, anche se menano una vita tra il passabile ed il gramo) si sentano indotte a "gettare sotto l'autobus" le persone trans per guadagnare in rispettabilità.

Ci sono già conflitti di priorità tra persone omosessuali e persone trans - per esempio, mentre gli omosessuali si affannavano per avere il matrimonio egualitario, o perlomeno le unioni civili, le persone trans avrebbero voluto invece una legislazione per il cambio di sesso anagrafico simile a quella argentina o maltese. Una volta ci ho dovuto pensare, e mi sono convinto che era più urgente la rivendicazione delle persone trans - non potersi sposare è grave, dover subire umilianti visite mediche, costosi processi, trattamenti ormonali con effetti collaterali non trascurabili, ed operazioni mutilanti che spesso riescono assai male, è mostruoso.

E mi è già capitato di assistere ad una lite su Facebook tra uno stimabilissimo cattolico gay ed un'altrettanto stimabile persona transgender, in quanto il primo accusava il secondo di dare esca alle polemiche vaticane sull'"ideologia del gender".

Per fortuna, buona parte delle associazioni di omosessuali cattolici ha reagito invitando il papa regnante a non ascoltare solo il papa emerito. Spero che continui così.

Raffaele Yona Ladu

giovedì 2 giugno 2016

Sbattezzo

Oggi, 2 Giugno 2016, 70° anniversario della Repubblica Italiana, ho scaricato, personalizzato e stampato il modulo UAAR per lo sbattezzo. Domani lo spedirò per raccomandata.

Nel 2004 avevo già tentato la manovra, ma non avendo avuto la cura né di inserire una copia del mio documento di identità nella domanda, né di corredarla con le minacce di ritorsioni legali che fanno parte del modulo UAAR, non ebbi riscontro.

Non insistetti, anche perché ho conosciuto molte persone cattoliche deliziose, ed una mia cara amica è un'ebrea che è stata salvata insieme con la famiglia da una suora cattolica e dalla famiglia del fratello di lei (dichiarati Giusti delle Nazioni dallo Yad Vashem), e quindi la "condizionale" la Chiesa cattolica se l'era meritata.

Purtroppo, seguo molte mailing list di argomento religioso, soprattutto ebraiche, ma anche cristiane - riformate e cattoliche, tra cui quelle offerte dal sito CatholicCulture.Org.

Vi allego (in originale) quello che la mailing list "Insight" ha recapitato nella mia casella postale il 27 Maggio 2016 (molte mailing list inseriscono un link nei dispacci per leggerli nel browser, ma questo sito questa cortesia non sa nemmeno cos'è):

CatholicCulture.org Email Header Image

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Suppressing the truth? Let me count the ways.

Dear Raffaele,
Our society frequently seeks to hide from unpleasant realities by suppressing the truth about the human person (and, of course, about God). An important case in point this week is the growing influence of gender ideology. You already know I've been writing a series on this very question. The third installment has now been posted: The value of personal relationships.
Then there is the massive expenditure of Church funds on child-protection. Yet their importance is inflated and their dynamics are skewed by the refusal to name the elephant in the room: homosexual predation on young boys.
The financial costs of this elusive protection are staggering. See Phil Lawler's commentary in Do 'child-protection programs' increase your confidence?
Closely related is the topic of yesterday's Catholic World News story: Elton John battles to suppress critical story about homosexual partnership.
Read this story with the awareness that CatholicCulture.org, our web-caching service, and our hosting company have all received emails in legalese (via WebSheriff) requiring us to remove this story from our website.
It is possible that we will be forced to do so; I advise everyone to print it out and take a screen shot!
Despite such efforts to hide the truth, our matching campaign for May is going well. But we do have $2,245 left to match by the end of the month. Now is a great time to offer your gift, if you have not yet done so—while it will be doubled.
Truth is our mission, but the fear of exposure to the truth is depressingly hard to overcome. Phil Lawler considers yet another example in Omigosh! People want to become Catholics. What should we do?
Fr. Robert Spitzer is on the caseas well. He's released the third volume in his brilliant series exploring the transcendence of human fulfillment. See my review: Emmanuel: The dominant theme of Fr. Spitzer's third volume on happiness.
I believe all our friends will also welcome the recent papal message to the Agostino Gemelli University Polyclinic in Rome: “Do not,” said Pope Francis, combat suffering by killing infants who suffer.
Another proponent of open proclamation of the truth was today's saint, Augustine of Canterbury, who is credited with the conversion of the English. On good days, we still use the English language effectively here at CatholicCulture.org.
Finally, a tremendous succession of Sundays reaches its victorious end today: First Pentecost, then Trinity Sunday (our own humble feast), and this weekend, Corpus Christi, the Solemnity of the Most Holy Body and Blood of Christ!
Blessings for all of us, enough to conquer the world...
Jeff Mirus
President
Trinity Communications



Di questa mail vi traduco solo una coppia di paragrafi:
E poi ci sono le colossali spese affrontate con il denaro della Chiesa per la protezione dei minori. Eppure la loro importanza è accresciuta e le loro dinamiche distorte dal rifiuto di nominare l'elefante nella stanza: le insidie degli omosessuali sui fanciulli. 
I costi finanziari di questa protezione inefficace sono strabilianti. (...) 
La "protezione inefficace" ("elusive protection") con i suoi "costi ... strabilianti" ("costs ... staggering"), e le sue "dinamiche distorte" ("dynamics ... skewed") è stata resa necessaria dopo gli scandali dei preti pedofili.

A quanto sono riuscito a capire, si tratta di un programma interno alla Chiesa cattolica americana che costa 49 milioni di dollari l'anno - non così tanti per un paese di 300 milioni di abitanti; uno degli autori del sito (Phil Lawler) è convinto invece che basterebbe avere mano libera contro gli omosessuali per risparmiare quei soldi e garantire la sicurezza dei bimbi.

Non mi metto a perdere tempo ricordando che si è ormai appurato che la pedofilia e l'omosessualità sono indipendenti nei carnefici, mentre, per quanto riguarda le vittime, si sta indagando sulla possibilità che siano proprio i bambini che stiano sviluppando un orientamento omosessuale o bisessuale ad essere i preferiti dai pedofili.

Riferisco invece che oggi ho ricevuto questa notizia da diversa fonte (Rete L'Abuso ONLUS) - la traduzione è assolutamente superflua: 

Vescovi Usa contro la legge anti-pedofili

La denuncia dei media: spesi 2 milioni di dollari per mantenere la prescrizione sugli abusi

La Conferenza Episcopale statunitense, guidata dal cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan, ha speso tra il 2007 ed il 2015 ben 2,1 milioni di dollari per affidare ad una società di lobbisti il compito di bloccare l’approvazione di una legge, «Child Victims Act» che avrebbe reso piu’ semplice alle vittime dei preti pedofili fare causa alla chiesa cattolica. Lo ha scritto il New York Daily News citando documenti statali. Uno dei punti più osteggiati è l’eliminazione della prescrizione per gli abusi sessuali su minori e l’apertura di una «finestra» di un anno per le vittime che non possono più fare causa in base alla legge vigente.
La notizia ci riporta in pieno nella realtà magistralmente descritta nel film premio Oscar 2016 di Tom McCarthy «Il caso Spotlight» che ripercorre la storia vera trame vere di un’inchiesta realizzata tra il 2001 e il 2002 da un team di giornalisti del Boston Globe, che fece conoscere prima alla città (con la metà degli abitanti di religione cattolica) poi al mondo intero gli abusi sessuali su minori commessi da circa 90 sacerdoti cattolici e mai denunciati dalle autorità ecclesiastiche bostoniane. L’inchiesta del film si allarga fino a toccare molti altri e sempre più importanti esponenti della Chiesa cattolica di Boston, che furono poi accusati di aver coperto quegli abusi, temendone le ripercussioni mediatiche.
Le inchieste del team Spotlight portarono in seguito alle dimissioni di Bernard Francis Law, arcivescovo di Boston dal 1984. Law si dimise – dopo molte pressioni – perché accusato di non aver denunciato pubblicamente i casi di pedofilia raccontati dal Boston Globe. Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams, nel film) ha detto che la storia del film si conclude nel momento giusto, altrimenti «avrebbe dovuto raccontare le dimissioni di Law e la quasi bancarotta dell’arcidiocesi di Boston».
Michael Rezedes (Mark Ruffalo, nel film) ha detto, sempre parlando del momento in cui finisce Il caso Spotlight: «A quel punto la diga era esplosa. C’erano tutte queste vittime che pensavano di essere sole e soffrivano in silenzio. All’improvviso si sono rese conto di non essere sole. All’improvviso molte di loro volevano parlarne».
Dal momento in cui finisce il film a oggi ci sono stati soprattutto tribunali, denunce e sentenze. Dal luglio 2003 l’arcivescovo di Boston è lo statunitense Sean O’Malley, che si era già occupato di casi di pedofilia in altre diocesi. Nel settembre 2003 l’arcidiocesi di Boston pagò circa 85 milioni di dollari come risarcimento nei confronti di molte delle vittime di abusi e nell’agosto 2011 l’arcidiocesi di Boston ha pubblicato una lista con i nomi di 159 preti accusati di pedofilia. BBC scrive che il lavoro del team Spotlight fece partire «un effetto domino globale che ha portato a successive inchieste» in altre parti del mondo.
Ora la notizia apparsa sul New York Daily News riaccende i riflettori sul vergognoso cerchio di omertà sulla pedofilia della Chiesa cattolica in Usa. Ancora non si è spenta negli States la richiesta ai vescovi Usa di di papa Francesco che ha visitato il paese nel settembre 2015: « Mai più crimini di pedofilia» Nel suo discorso ai vescovi incontrati nella cattedrale di San Matteo a Washington, il Pontefice ha ribadito che ci sono «alcune questioni che non è lecito mettere a tacere» come la pedofilia, la «ferita aperta» nel fianco della Chiesa. «Non si ripetano mai più i crimini» ha detto Bergoglio « ho accompagnato il vostro generoso impegno per guarire le vittime, consapevole che nel guarire siamo pur sempre guariti».
P. Ser.
L'articolo della Rete l'Abuso ONLUS riproduce questo articolo del giornale Il Tempo pubblicato il 01 Giugno 2016, che riprende quest'articolo, ben più preciso, dettagliato e pertinente, del New York Daily News, pubblicato il 30 Maggio 2016.

I documenti statali a cui accenna il quotidiano americano sono semplicemente i rendiconti che i lobbisti di professione devono depositare periodicamente.

Ronald W. Reagan diceva che la politica è la seconda professione più antica del mondo - e somiglia tanto alla prima! Agli americani non dà fastidio che la seconda professione più antica del mondo abbia i suoi "ruffiani"; vogliono però che dichiarino esplicitamente chi li paga e che servizi desidera in cambio - e così abbiamo scoperto non un altarino, ma un abominio della desolazione che in altri paesi sarebbe rimasto più nascosto della tomba di Nefertiti.

Che devo pensare? In Italia la Chiesa cattolica ha fatto moltissimo contro le persone omosessuali accusandole di rovinare i bambini, e la lotta contro il matrimonio egualitario negli USA e la "stepchild adoption" in Italia collegata alla Legge Cirinnà sono state motivate proprio dalla preoccupazione di "salvare i bambini".

Ora noi sappiamo che la Conferenza Episcopale USA ha invece speso 2,1 milioni di dollari in otto anni (dal 2007 al 2015), ed attraverso due pontificati (B16 ed F1), per rendere più difficile alle vittime dei pedofili dello Stato di New York avere giustizia.

I bambini non sono persone ma pedine, per i vescovi americani (e mi pare impossibile che siano riusciti a fare una cosa del genere tenendo il Vaticano all'oscuro).

Perché è così importante abolire la prescrizione per gli abusi sui minori, e consentire la riapertura dei processi contro i loro carnefici, lo spiega proprio la mia amica ebrea scampata alla Shoah grazie alla generosità di una suora cattolica e della sua famiglia; ella risponde sempre a chi le chiede perché ha aspettato cinquant'anni per mettere per iscritto quello che le è accaduto durante il nazismo, che sono traumi che hanno bisogno di molti anni per essere verbalizzati.

Direi che la "condizionale" è perduta - perennemente. Mando la raccomandata e chiudo ogni rapporto con la Chiesa cattolica.

Tra parentesi, conosco personalmente delle persone abusate da preti, che non hanno voluto scendere in particolari; io ho subìto un minuscolo abuso, e ci posso anche ridere sopra raccontandolo.

Sono sempre stato grassottello, e perciò ho un seno un po' grande per un maschietto (posso dire che mia madre mi ha lasciato una casa e le mie zie un balcone); qualche volta guardo in Internet qual taglia di reggiseno sarebbe adatta a me, e qualche volta dico scherzando che trovare una moglie col seno più grande del mio è stata una vera impresa.

Meno divertente è che ogni tanto ho a che fare con dei bambini a cui devo dire di trovarsi una fidanzata e toccare le tette a lei (se lo vuole anche lei, ovviamente); ed uno di loro era un prete. A chi è bambino anche anagraficamente puoi rispondere; a chi, pur avendo potere su di te, non è cresciuto più di te, è difficile.

Raffaele Yona Ladu

sabato 9 aprile 2016

Bozza per il 16 Aprile 2016

Brukhim habaim – Benvenuti.

Il mio nome è Raffaele Ladu, ho una laurea quinquennale in Psicologia Generale e Sperimentale, sono iscritto alla Society for Humanistic Judaism con il nome Yona, che significa in ebraico “colomba”, ho una moglie che verrà confermata valdese il prossimo 15 Maggio, studio con piacere alla Facoltà di Teologia Valdese di Roma, e voglio parlare di come religione non sempre voglia dire cissessismo ed eterosessismo.

Cissessismo è il volere che l’identità di genere di una persona coincida per forza con il sesso attribuitole alla nascita; eterosessismo è ritenere l’eterosessualità superiore all’omosessualità ed alla bisessualità. Queste concezioni vengono normalmente giustificate da una lettura acritica del testo biblico, e voglio mostrare che il Tana”kh, ovvero la Bibbia ebraica, non è necessario interpretarlo così.

La prima cosa da notare è che già 700-1000 anni prima della nostra era, la fonte yahwista del Pentateuco distingueva il sesso dal genere.

Quando la Bibbia distingue i maschi dalle femmine sulla base della loro biologia, usa i termini “zakhar” e “neqevah” - il primo significa letteralmente “puntuto”, il secondo “fessurata”; quando distingue gli uomini dalle donne sulla base dei ruoli sociali e degli atteggiamenti psicologici, usa i termini “ish” ed “ishshah” – il primo significa “uomo” ed il secondo “donna”. Rifiutarsi di usare la nozione di “genere” significa condannarsi all’incapacità di comprendere la Bibbia, per cominciare.

Del cissessismo non fa solo parte il voler far coincidere il genere con il sesso – fa parte anche il dividere maschi e femmine in modo binario, come se mascolinità e femminilità fossero due scatole, ed ogni essere umano dovesse essere per forza gettato in una di esse; e di solito si giustifica il binarismo dei sessi e dei generi con Genesi 1:27, “Maschio e femmina Dio li creò” – qui vengono usati i termini “zakhar” e “neqevah”.

Ora, Mosé Maimonide spiegava nella “Guida dei Perplessi” che la Bibbia va interpretata letteralmente a meno che il significato letterale non sia irragionevole o non sia stato provato falso. La Bibbia non può quindi smentire né le scienze naturali né le scienze umane – sono loro semmai a stabilire se un passo biblico va interpretato in modo letterale oppure metaforico.

Già i tannaiti, gli autori della Mishnah, messa per iscritto un secolo dopo la morte di Gesù, distinguevano quattro generi di intersessuali:
  • il “saris”, ovvero la persona assegnata al sesso maschile alla nascita, che però crescendo non matura caratteri secondari maschili, magari ne matura di femminili, e si teme che sia sterile;
  • l’“aylonit”, ovvero la persona assegnata alla nascita al sesso femminile, che però crescendo non matura caratteri secondari femminili, magari ne matura di maschili, e si teme che sia sterile;
  • il “tumtum”, che nasce senza organi genitali evidenti, e non si può perciò assegnare con sicurezza ad un sesso o ad un altro;
  • l’“androginos”, ovvero la persona che al contrario mostra organi genitali pertinenti ad ambo i sessi, e perciò neppure essa può essere assegnata ad un sesso con sicurezza.
La cornice di riferimento dei rabbini è sempre binaria, ma queste categorie di persone impongono loro di chiedersi: fino a che punto queste persone sono di genere maschile, ovvero incombono su di loro i doveri che la società ebraica impone solo agli uomini, e fino a che punto sono di genere femminile?

Il “saris” e l’“aylonit” sono considerati rispettivamente uomo e donna, salvo che il timore che siano sterili ne limita la capacità matrimoniale; infatti, se nella generalità dei matrimoni ebraici è più importante l'unione coniugale della fecondità coniugale, e perciò, checché ne dicesse il film "Kadosh", una coppia può continuare tranquillamente a rimanere sposata anche in mancanza di figli, in alcuni casi, come nel matrimonio di levirato, la prole è lo scopo primario del matrimonio, e le persone di cui si teme siano sterili (come il “saris” e l’“aylonit”) ne sono dispensate.

Più difficile è la posizione del “tumtum” e dell’“androginos” Per non farla troppo lunga, riassumo dicendo che la posizione prevalente è che, ogni volta che la legge ebraica (ortodossa!) impone doveri diversi ad uomini e donne, si sceglie la norma più rigorosa, che di solito è quella maschile. In questo caso infatti è considerato più grave che una persona manchi al proprio dovere che essa faccia una cosa inutile.

Ma questo significa che la distinzione dei generi non si ancora più alla distinzione dei sessi, e che ritenere una persona soggetta o meno ad un obbligo in questi casi non è più legato al genere attribuitole. Le persone ebree trans non perdono occasione di ricordarlo ai loro rabbini ed alle loro rabbine.

Potrei citare il caso degli intersessuali come li considera la medicina occidentale moderna, che ritiene che siano l’1,7% dei nati vivi, per mostrare che leggere Genesi 1:27 come la prescrizione del binarismo dei sessi, e pretendere poi di interpretarlo in modo letterale, ci cacci in un vicolo cieco, ma vi voglio offrire una scappatoia.

Una figura comune nella Bibbia ebraica è il “merismo”, ovvero rappresentare uno spettro di possibilità con i due estremi. Prendiamo ad esempio Isaia 45:7: “Io formo la luce, creo le tenebre; faccio la pace, creo il male; io, il SIGNORE, sono colui che fa tutte queste cose.”

Dio non crea solo la luce abbagliante del sole ed il buio di un’eclisse totale; non crea solo la pace universale ed il male assoluto – fa anche tutte le gradazioni intermedie.

Ed in Genesi 1 è scritto sei volte: “E fu sera e fu mattina …”. Ovviamente, questo non vuol dire che in quella fatidica settimana non esistessero il crepuscolo e l’aurora, il mezzogiorno e la mezzanotte – la sera e la mattina sono stati presi come gli estremi del giorno e della notte.

Diventa lecito a questo punto interpretare “Maschio e femmina Dio li creò” come un merismo, che fa dei due termini gli estremi di uno spettro che comprende molte posizioni intermedie tra la mascolinità e la femminilità cisgender. Dio, sia per la Qabbalah che per la teologia cristiana, ha aspetti maschili e femminili, degni di un uomo e di una donna. Ritenere che chi non rientra nel binarismo dei sessi e dei generi non sia a sua immagine, o rifiuti di essere a sua immagine, vuol dire fargli torto.

Colei che interpreta “maschio e femmina” come un merismo è una rabbina riformata, Margaret Moers Wenig; ma che l’interpretazione binaria e pedestremente letterale di Genesi 1:27 fosse insostenibile lo sapeva anche un rabbino ortodosso molto stimato, Joseph Ber Soloveitchik (1903-1993), detto “Ha-Rav”, cioè il rabbino per antonomasia.

Questi scrisse: “I principi della creatività e della recettività, dell'agire e del subire, dello stimolare e dell'assorbire, dell'aggressività e della tolleranza, dell'iniziare e del completare, dell'emanazione illimitata di un essere trascendente e della misurata riflessione del cosmo, sono ritratti dal motivo duale della mascolinità e della femminilità all'interno della nostra esperienza religiosa ... La trascendenza incondizionata, creativa, infinita, e l'immanenza autocondizionata, ricettiva e finita di Dio sono simbolizzati dalla mascolinità e dalla femminilità.”

Come vedete, siamo di fronte ad una lettura allegorica, che presume che quella letterale del brano si sia dimostrata impraticabile – ed alcune di queste coppie di opposti sono gli estremi di uno spettro, non categorie mutuamente esclusive.

Va detto inoltre che sia nel testo ebraico che in quello greco di Genesi 2, le parole usate per designare l'essere umano creato da Dio sono "Adam" ed "Anthropos", che indicano entrambe l'essere umano inteso facendo astrazione dal genere o dal sesso.

La differenza sessuale non esisteva ancora, secondo l'autore biblico. È solo dopo che Dio ha estratto la "ishshah = gyne = donna" dall'"adam = anthropos = essere umano", che Adamo, ora nome proprio e non più comune, si rende conto di essere un "ish = aner = uomo".

Se l'autore di 1 Timoteo 2:13 (chiedo scusa per la punta polemica) dice che fu formato prima Adamo e poi Eva, vediamo che nella Bibbia appare prima la parola "donna" della parola "uomo". E gli ebrei hanno inteso il racconto di Genesi 2 come la dimostrazione che Adamo, prima che da lui venisse estratta Eva, era un essere androgino, a cui la differenza sessuale era sconosciuta.

Va ricordato infatti che in ebraico la parola "tzela'" non significa solo "costola", ma anche "lato", di un oggetto, di una stanza, di un palazzo. Se la filologia conferma che il significato più probabile in Genesi 2 è proprio di "costola", il secondo significato della parola ha autorizzato gli ebrei a comporre numerosi midrashim che hanno per tema l'androginia di Adamo, e di Dio, alla cui immagine fu foggiato Adamo.

Dio infatti non avrebbe semplicemente estratto una costola, ma tagliato Adamo in due parti uguali per separare la donna dall'uomo e creare l'aiuto che potesse stargli di fronte, e tenergli testa se del caso.

Dopo aver smentito che la Bibbia prescriva il cissessismo, sistemo l’eterosessismo – ed è una cosa molto più facile.

Nella Bibbia ebraica solo due brani, dal libro del Levitico, si occupano dei rapporti omosessuali, e per giunta solo tra maschietti. Infatti, se il divieto di rapporti omosessuali tra uomini è considerato una norma biblica, quello di rapporti omosessuali tra donne è considerato una norma rabbinica. I primi fanno rischiare la lapidazione, i secondi quaranta frustate (o meglio, trentanove, perché i rabbini temono che il boia sbagli il conto commettendo così un'ingiustizia). Qualche volta, le signore sono più fortunate.

Qualcuno mi dirà: “E la storia di Sodoma e Gomorra che si trova in Genesi 19?” Rispondo che ci ha già pensato Ezechiele 16:49 a precisare che: “Ecco, questa fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane, e nell'ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero.”

Non solo: da buon ebreo, non credo che Gesù fosse Dio incarnato. Riconosco però che era un uomo eccezionale, che ragionava bene e parlava meglio. Quando in Marco 10 e Luca 10 egli minaccia una sorte peggiore di Sodoma, lo fa alle città che si rifiuteranno di dare ospitalità agli inviati del Signore, non alle città in cui si fanno cose insolite. Gesù ed i suoi interlocutori (che non avrebbero altrimenti capito l’allusione) concordano qui con Ezechiele, e con gli ebrei di oggi e di tutte le denominazioni, cioè che il peccato dei sodomiti era rifiutare l’ospitalità agli stranieri poveri.

Per spiegarmi meglio vi riassumo un midrash che ricama su Genesi 18:20: “Il SIGNORE disse: «Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave …”

Da dove nasceva il grido? Di quale peccato si trattava?

Secondo il midrash, nella città di Sodoma era vietato, vietatissimo, cosa da supplizio capitale con atroci tormenti, dare l’elemosina!

Una cosa incredibile, che agli occhi di un ebreo era la quintessenza dell’assurdità, vietare di aiutare il prossimo – eppure il consiglio cittadino di Sodoma era arrivato a questo!

Purtroppo una servetta che era andata a comprare della farina per i suoi padroni si impietosì e ne diede un po’ ad un mendicante.

Fu vista, denunciata, processata, condannata ed … impalata.

Fu il grido di lei che agonizzava a convincere l’Eterno che si era colmata la misura e che non si poteva più avere pazienza con i sodomiti.

Ci sono altri midrash simili – che dimostrano che i rabbini considerano Sodoma la sentina di ogni vizio, l’esempio negativo che nessun ebreo deve imitare, ma il sesso non c’entra nulla con questo.

Dal midrash posso passare ad un aneddoto. Uno dei più famosi rabbini della storia si chiamava Elia Zalman figlio di Salomone (1720-1797), detto “il Gaon [genio] di Vilna [in Lituania]”.

Un giorno il consiglio della comunità ebraica di Vilna gli chiese come fare per ridurre l’afflusso di poveri nella città, che drenava le risorse della comunità.

Il rabbino rispose: “E lo chiedete a me come fare? Andate a leggere come facevano i sodomiti!” Nessuno tirò più fuori l’argomento e la comunità si rassegnò ad accogliere, accogliere, accogliere.

Mi chiederete: “Ma i sodomiti volevano davvero stuprare gli angeli mandati in ricognizione oppure no?”

Certo, ma faceva parte di una strategia di mobbing ante litteram verso gli stranieri poveri. Nelle forme peggiori, il mobbing, anche sul lavoro, assume la forma dell’aggressione sessuale.

I sodomiti la libido non sapevano cos’era. Il loro vizio capitale, per usare una terminologia impropria, era l’avarizia, non la lussuria. Mi spiace per Dante, che ha frainteso anche lui.

Possiamo ora passare al libro del Levitico. Il passo più citato è Levitico 18:22: “Ed il maschio non farai giacere come giace una donna – è cosa indegna”.

La parola “to’evah”, che normalmente si traduce con “abominio” ed io ho tradotto con “cosa indegna”, indica semplicemente una cosa che gli israeliti si erano impegnati a non fare al momento di stipulare il patto del Sinai.

“To’evah” infatti non si applica solo alle trasgressioni sessuali, ma anche al mangiare cibo traif, cioè non-kasher, ed alla profanazione del sabato.

Va ricordato che gli ebrei non vogliono che una persona rispetti completamente il sabato finché non si è formalmente convertita all’ebraismo – perché il sabato è un patto eterno tra Dio ed Israele, e non riguarda i gentili.

Quindi, la parola “to’evah” non ha niente a che fare con l’etica, non indica alcun divieto universalmente valido, ma semplicemente una cosa incompatibile con il patto del Sinai.

Inoltre, siamo sicuri che Levitico 18:22 e Levitico 20:13 proibiscano specificamente i rapporti omosessuali?

Un'opinone diffusa è che, essendo assai diffusa in Terra di Canaan la prostituzione sacra, che impiegava uomini e donne, il comportamento descritto in quei due passi del Levitico facesse parte del rituale di questi templi/bordelli, ovviamente dedicati a divinità diverse da Colui che aveva tratto Israele dall'Egitto.

Sarebbe l’idolatria ad essere condannata qui, non il rapporto omosessuale.

Il rabbino Steven Greenberg, ortodosso e dichiaratamente gay, esaminando il testo di Levitico 18:22 (l'ho tradotto avvalendomi dei suoi suggerimenti), osserva che non descrive un rapporto in cui vi sono amore, devozione ed appagamento reciproci, ma un rapporto in cui un uomo stupra un altro uomo, e la cosa grave non è solo la violenza che gli infligge, ma anche il costringerlo ad un ruolo sessuale femminile.

E se due uomini si fossero amati in modo diverso da quello immaginato dagli autori biblici? Credo che la risposta ce la dia il fondatore del cristianesimo, che in Matteo 8 e Luca 7 guarisce il “giovinetto” schiavo di un centurione romano, che lo aveva molto caro.

Ora, chiunque abbia studiato istituzioni di diritto romano sa che i romani erano ferocissimi con i loro schiavi, a meno che una loro dote peculiare non li rendesse preziosi.

Di solito la peculiarità era professionale: un abile artigiano, un fine letterato, un gran lavoratore salivano nella stima del loro padrone.

Ma che peculiarità poteva avere un ragazzino per essere prezioso agli occhi del suo padrone, tanto da invocare per lui l’aiuto di un illustre guaritore quale era Gesù?

Chiunque avrebbe fatto due più due – ed era una situazione del tutto imprevista dagli autori biblici, che non avrebbero trovato parole per condannarla.

Non eravamo di fronte al classico schiavista che esige dai suoi schiavi e dalle sue schiave di obbedirgli anche a letto – un uomo così avrebbe trovato facilmente centinaia di cloni di quel ragazzino.

Tra il centurione ed il ragazzino era nato qualcosa – e non c’era bisogno di chiamarsi Gesù per capirlo.

Si trattava di una coppia fedele, nel senso che il diritto civile italiano attribuisce alla fedeltà coniugale – che non si limita alla monogamia, ma implica il poter contare l’uno sull’altro, il sapere che l’altro ti sarà sempre vicino e farà tutto per te.

Luca aggiunge l’interessante dettaglio che il centurione era molto amico della comunità ebraica (anzi, del villaggio) di Cafarnao, tanto è vero che aveva costruito la loro sinagoga.

E che sono gli anziani della comunità a chiedere a Gesù di guarire il suo servo – nessuno di loro obietta alla situazione, anche se con ogni probabilità il centurione intendeva convertirsi all’ebraismo ed adottare il loro sistema di valori.

E nemmeno Gesù ha niente da ridire, anzi dice che in tutto Israele non aveva trovato una fede grande come quella del centurione!

Tutto questo non ha impedito che nella storia ebraica si siano emanate norme contro i rapporti omosessuali, con un’interessante peculiarità rispetto a molte confessioni cristiane.

Infatti la dicotomia paolina “secondo natura/contro natura” non ha alcuna base nella Bibbia ebraica. Viene dalla filosofia greca, che, da Platone in poi, era convinta che ogni essere avesse una “natura” che lo reggesse, per cui conformarsi a questa natura era bene, andarle contro male.

Per gli ebrei l’essere umano invece non deve seguire la propria natura, bensì trascenderla, e la circoncisione simboleggia anche questo: Dio non ha creato un mondo perfetto, ma uno che tocca all’uomo perfezionare – e questo vale anche per la propria natura (il gioco di parole spinto è involontario – del resto, in ebraico non c’è).

Nello stesso Midrash Tanchuma in cui rav 'Aqiva dà questo significato alla circoncisione, egli afferma anche che le opere dell’uomo sono migliori di quelle di Dio, nell’ambito che Dio ha affidato all’uomo: sulla Terra Dio crea le spighe, e l’uomo il pane; Dio crea il lino e l’uomo le vesti.

Questo non perché Dio non possa fare come e meglio dell’uomo, ma perché vuole che l’uomo perfezioni il mondo. Quest’operazione si chiama “tiqqun ‘olam”, ed è lo scopo di molte organizzazioni ebraiche che operano per la giustizia sociale.

Potete perciò sentir dire da un ebreo qualsiasi cosa contro i rapporti omosessuali, e contro la transessualità, ma non che sono cose contro natura. Le eccezioni sono rare, e la più nota è quella di Giuseppe Flavio, che in "Contro Apione, II, 199", disse che l'unico rapporto sessuale consentito dalla Legge era quello "secondo natura" con una donna.

Ma l'opera di Giuseppe Flavio intendeva confutare l'antisemitismo di Apione mostrando quanto fosse invece moralmente eccellente l'ebraismo anche agli occhi dei filosofi pagani - questo ha motivato la scorciatoia che è stata il mutuare un'espressione greca per descrivere come veniva intesa una norma biblica.

Sono inoltre obbligato ad osservare che l'appello ad accettare il corpo con cui si è nati, che si ritrova nelle ultime encicliche papali, come "Laudato Si'" ed "Amoris Laetitia", somiglia molto all'argomento che il citato midrash mette in bocca all'avversario dialettico di rav 'Aqiva, ovvero che ciò che Dio vuole che l'uomo sia è il corpo che gli offre alla nascita.

Nel midrash l'argomento non viene attribuito a persone che si basano sulla Bibbia, ma la interpretano diversamente dai farisei, bensì a sostenitori dell'ethos ellenistico in generale e della filosofia stoica in particolare - per le quali il corpo umano è il canone della perfezione, e guai ad alterarlo.

Le chiese cristiane stanno cercando di uscire dalla prigione in cui le ha rinchiuse la filosofia greca, ma credo che finora siano riuscite solo a cambiare cella.

Altra interessante peculiarità è che le norme bibliche vietano, nell'interpretazione tradizionale, solo i rapporti sessuali tra uomini, non i sentimenti amorosi tra gli uomini.

La storia biblica di Davide e Gionata ha da duemilacinquecento anni almeno attirato l'attenzione ed attizzato le fantasie delle persone omosessuali, e la critica biblica moderna (ringrazio la pastora Laura Testa per avermelo comunicato) ha mostrato che è ricalcata sull'epopea di Gilgamesh ed Enkidu, in cui la componente omoerotica è ben più evidente.

Ma nella Bibbia non si dà la prova provata che i due uomini siano mai stati a letto insieme, ed il lettore può perciò ammirarli senza sentirsi in colpa; nel Talmud c'è una storia ancora più conturbante, tra Rav Yochanan e Resh Lakish.

Anche qui siamo di fronte ad un uomo tenebroso (Resh Lakish come Davide) che si innamora di un uomo molto bello (Rav Yochanan come Gionata), e cambia per lui la sua vita - da brigante diventa uno dei rabbini più famosi della sua epoca, e non si accontenta di essere il compagno di studi di Yochanan, che viene da lui deliziosamente messo tutti i giorni alla prova per aguzzarne l'ingegno; sposa anche sua sorella, allo stesso modo in cui Davide aveva sposato Micol, figlia di Saul e sorella di Gionata, consolidando così il rapporto oltremisura.

Una variante di questo stratagemma la troviamo nel "Dybbuk", opera teatrale del 1916, divenuta film nel 1937, in cui i due protagonisti non sposano l'uno la sorella dell'altro, ma promettono di sposare i figli tra loro. La legge religiosa ebraica vieta di promettere cose future, e questa violazione, non il sentimento omoerotico tra i protagonisti, mette in moto il terrificante intreccio dell'opera. Tenete in mente, quando guardate il film, che l'opera teatrale fu pubblicata l'anno dopo la pubblicazione da parte di Albert Einstein della Teoria della Relatività Generale, ed il film prodotto l'anno prima della scoperta della fissione nucleare da parte del gruppo di Otto Hahn e Lise Meitner. 

In ogni caso, non si hanno notizie di condanne capitali per rapporti omosessuali inflitte da tribunali ebraici - anche e soprattutto perché i rabbini avevano deciso di abolire la pena capitale già un secolo dopo Gesù. Non potendo stralciare i passi biblici che la comminavano, lavorarono sui requisiti della prova.

Per mettere a morte qualcuno, stabilirono che ci volevano due testimoni (maschi - grunt!) che dovevano aver visto l'imputato nell'imminenza di compiere il crimine, averlo avvertito che stava per compiere cosa che lo rendeva degno di morte, e l'imputato l'aveva commessa comunque, e davanti a loro!

Dura trovare qualcuno da giustiziare con norme del genere, vero? Specialmente per trasgressioni sessuali! La repressione dei rapporti omosessuali fu perciò affidata alla pressione sociale, ed alle autorità esterne alle comunità ebraiche. Quando queste autorità si dimostrarono assai tolleranti, come accadeva nei paesi mussulmani fino alla metà del 1800, anche gli ebrei omosessuali ne approfittarono alla grande.

L'epoca d'oro della letteratura ebraica si ebbe nell'Andalusia tra l'800 ed il 1200 circa, ed in essa fiorì anche la poesia omoerotica, in cui si distinse pure Giuda Levita (1075-1141), considerato il più grande poeta ebreo della storia; quest'epoca finì quando i cattolici riconquistarono la Spagna, ed una poesia ebraica omoerotica riemerse solo nel 1952, quando Allen Ginsberg pubblicò la sua opera "Urlo".

Ma già gli ebrei avevano dato il loro contributo alla liberazione delle minoranze sessuali - in ambito non religioso, basti ricordare l'opera del medico ebreo tedesco Magnus Hirschfeld (1868-1935), fondatore del Comitato Scientifico Umanitario nel 1897 e dell'Istituto di Scienze Sessuali nel 1919, che cercò di far abolire l'infame Paragraph 175 dal codice penale tedesco, e nel 1931 eseguì la prima operazione di "confermazione chirurgica del genere".

Purtroppo il suo lavoro fu interrotto dai nazisti (quando li vedete bruciare dei libri nel 1933, sappiate che erano i volumi della biblioteca dell'istituto di Hirschfeld), ed Hirschfeld morì in esilio in Francia.

Che fosse ora di mutare i ruoli di genere è provato anche dal fatto che nel 1935 sarebbe stata "ordinata" la prima rabbina di cui si abbia notizia, l'ortodossa tedesca Regina Jonas (1902-1944); dopo l'ordinazione, ebbe modo di esercitare per anni il suo ministero tra le comunità riformate, anche perché le persecuzioni naziste avevano ridotto drasticamente il numero dei rabbini uomini, fino alla morte ad Auschwitz.

Purtroppo la vicenda di Regina Jonas fu taciuta per molti anni, e così potè accadere che la seconda rabbina della storia, la riformata Sally Priesand, ordinata nel 1972 ed ora felicemente pensionata dal 2006, credesse allora di essere la prima.

Tornando alle persone LGBTQIA+, anche per gli ebrei il punto di svolta fu la rivolta di Stonewall iniziata il 28 Giugno 1969, che viene ogni anno ricordata nei Pride. Nel 1972 nacque a Los Angeles la prima sinagoga gay, Beth Chayim Chadashim, tuttora in ottima salute, riconosciuta nel 1974 dall'UAHC (ora Union for Reform Judaism) come una sinagoga riformata a tutti gli effetti.

Va però osservato che questa sinagoga non fu la prima realtà religiosa dedicata alle persone LGBTQIA+ - nei primi tempi della sua esistenza fu ospitata dalla Metropolitan Community Church di Los Angeles, fondata nel 1968 per includere le pesone LGBTQIA+, e divenuta col tempo la casa madre di una comunione cristiana che ora ha oltre 300 chiese in tutto il mondo, ognuna con la propria confessione di fede, tra cui una a Firenze che si rifà al luteranesimo, fondata nel 2014 (e ad essa è legato un gruppo in Lombardia), ed è osservatrice nel Consiglio Ecumenico delle Chiese. (A dire il vero, il termine "confessione"

Se nei primi tempi sia del cristianesimo che della psicoanalisi fu la rete delle comunità ebraiche a permettere ai due nuovi movimenti di organizzarsi ed espandersi, sembra che ora siano alcune confessioni cristiane un po' innovative ed un po' minoritarie a ricambiare il favore alle comunità ebraiche meno ortodosse. Grazie!

La stessa cosa sarebbe accaduta nel 1974 a New York City, con la fondazione di Beit Simchat Torah, che ora ha una magnifica sede che le permette di vantarsi di essere la più grande sinagoga LGBTQIA+ del mondo, ma che fu ospitata nei primi tempi dalla Chiesa (Episcopale) dei Santi Apostoli di Manhattan. Questo tipo di cortesia ecumenica è comune nel Nordamerica - di recente la sinagoga di Petersburgh, Ontario, ha ospitato la locale comunità islamica vittima di un incendio doloso, finché non veniva restaurata la loro moschea.

Il primo rabbino che lasciò che i giornali lo svelassero come gay fu il riformato Alan Bennett, colui che celebrò il funerale di Harvey Milk, nel 1978, mentre la prima organizzazione politica ebraica LGBTQIA+ era stata fondata a Londra nel 1972.

Nel 1980 fu fondato a Washington il Congresso Mondiale Ebraico delle Organizzazioni Gay e Lesbiche, che ora si chiama Keshet Ga'avah = Arcobaleno Gay, ed ad esso aderiscono due organizzazioni italiane - Non è in cielo di Verona, Magen David Keshet Italia di Roma.

Non tutto però filò subito liscio: se nel 1984 il movimento ricostruzionista ammise al rabbinato le persone dichiaratamente gay e lesbiche, nel 1992 il movimento conservatore rifiutò di celebrare le unioni omosessuali, e di ammettere ai ruoli di rabbino e cantore le persone lesbiche e gay; nel 2006 cambierà idea, ma l'essersi lasciato scappare in quella decisione del 1992 la locuzione "contro natura" è uno svarione che gli viene tuttora rinfacciato, perché è come se i decisori di allora avessero ammesso di essersi fatti plagiare.

Il primo rabbino ortodosso a fare il coming out, il già citato Steven Greenberg, lo fece nel 1999; e nel 2000 l'ebraismo riformato fece due passi importanti: il primo fu l'acconsentire a celebrare unioni omosessuali, il secondo l'aver fondato, nel suo seminario rabbinico di Cincinnati, l'Istituto per l'Ebraismo e l'Orientamento Sessuale, con lo scopo di combattere l'eterosessismo e rendere più inclusivo lo stesso ebraismo riformato.

Nel 2003 sarà il seminario rabbinico dei riformati ad ammettere il primo studente (sesso e genere a me sconosciuti) dichiaratamente transgender.

Nel 2004 sarà l'ebraismo umanista (a cui appartengo) a sostenere i matrimoni omosessuali, ma la svolta sarà più lenta per l'ebraismo conservatore.

Mentre l'ebraismo riformato, quello ricostruzionista e quello umanista limitano fortemente il valore normativo della Torah, quello conservatore cerca di mantenere uno stretto legame con essa; perciò, quando nel 2006 esso emise il suo "placet" ai rapporti omosessuali tra uomini, lo motivò ricordando che la dignità umana prevale su molte norme della Torah, e dichiarando le tradizionali norme contro i rapporti omosessuali come contrarie alla dignità umana, e perciò da disapplicare.

Quella deliberazione del 2006 è diventata un magnifico trattato sulla dignità umana nell'ebraismo, ma allora il movimento volle tenere distinte le cerimonie di impegno di una coppia omosessuale dai matrimoni eterosessuali; però nel 2012 esso decise invece di considerare matrimoni anche quelli omosessuali - però con un rituale distinto, di cui vengono proposte diverse versioni alternative.

Il problema più serio infatti è che il matrimonio ebraico tradizionale è concepito sulla falsariga di una compravendita - il marito compra la moglie, con un documento (il contratto nuziale), il pagamento (l'anello), l'impossessamento (ci siamo capiti).

Aldilà dell'evidente sessismo, quando si sposano due persone del medesimo genere, chi compra chi? Questo impone di rivedere il contratto nuziale ed il rito, e le forme proposte ai rabbini conservatori non hanno la rigidità di un messale, ma sono delle linee guida che consentono di improvvisare; la versione che mi piace di più è quella che concepisce il matrimonio non come una compravendita, ma come la costituzione di una società, disciplinata anch'essa dalla legge ebraica, tendenzialmente paritaria ed indifferente al genere dei soci.

Potrebbe essere il futuro del matrimonio ebraico, anche eterosessuale - visto che i ruoli all'interno di una coppia è meglio che siano gli sposi a definirli.

Nel 2015 la Corte Suprema USA ha legittimato in tutti i 50 stati il matrimonio omosessuale, ed a questo hanno contributo in modo determinante i tre giudici ebrei: Stephen Gerald Breyer, Elena Kagan, Ruth Bader Ginsburg - detta quest'ultima "RBG" perché, alla bellezza di 83 anni e dopo aver vinto il cancro, è ancora una donna determinata e temibile.

Prima che Jimmy Carter la nominasse giudice federale nel 1980, lei era il capo dell'ufficio legale dell'Unione Americana per le Libertà Civili, ed aveva vinto un sacco di cause per i diritti delle donne; Bill Clinton fece il resto portandola alla Corte Suprema USA nel 1993.

Potrebbe usurpare la fama di Felix Frankfurter, il giudice ebreo che nel 1960 non la volle tra le sue collaboratrici proprio perché donna, e piazzarsi vicino a Louis Dembitz Brandeis (1856-1941), ebreo anche lui, che gli americani considerano il miglior giudice che abbiano mai avuto.

Raffaele Yona Ladu
Ebreo umanista

martedì 5 aprile 2016

Pons asinorum

Un consiglio che mi permetto di dare alle matricole della Facoltà di Teologia Valdese è di scegliere come primo esame proprio il più mastodontico: Storia della Riforma (oltre 2200 pagine!).

Il consiglio vale soprattutto per i meno esperti di teologia calvinista - per l'esame infatti non si studia solo la storia vera e propria, ma anche il pensiero dei Riformatori, e perciò lo studente impara i presupposti di tutti gli esami successivi.

Mi sarebbe stato più facile Introduzione all'Antico Testamento, e più proficuo Introduzione al Nuovo Testamento, se avessi dato prima quell'esame; gli unici esami che non vengono facilitati, a mio avviso, dall'aver dato prima Storia della Riforma, sono quelli di ebraico e greco biblico.

Spiace cominciare una facoltà proprio dall'esame più grosso, ma così si capisce subito se si può trarne profitto. Per quello l'ho chiamato "pons asinorum".

Raffaele Yona Ladu

giovedì 17 marzo 2016

Differenze tra papà e mamma nella lingua ebraica





Lo studio che vi propongo non è di gran valore - aiuta però a relativizzare i punti di vista che i no-gender nostrani stanno assolutizzando e fanatizzando.

Si ripete fino alla noia agli studenti di ebraico ed arabo e delle altre lingue semitiche, che la maggior parte delle parole deriva da radici trilittere, cioè di tre consonanti - nelle lingue semitiche, al contrario che nelle lingue indoeuropee, le vocali non hanno dignità di lettere dell'alfabeto.

Non sempre però si ricorda agli studenti (lo faceva il lessicografo Marcus Jastrow, autore di [1a] ed [1b]) che molte radici trilittere sono ampliamenti di radici bilittere, cioè di due consonanti sole, e che la radice bilittera può essere perciò considerata la capostipite delle altre.

In ebraico "padre" si dice אב = av, e "madre" si dice אם = em; vi rendete conto che le due radici hanno due lettere ciascuna, e vediamo ora che "figli" hanno.

Oltre ai "figli" esaminiamo i "nipoti" - non sono molte, ma nelle lingue semitiche ci sono pure radici quadrilittere, cioè di quattro consonanti.

Le radici sono elencate secondo l'ordine dell'alfabeto ebraico, e perciò anche אב = av = padre viene prima di אם = em = madre. Chiedo scusa alle gentili signore.

  • אב = av = padre
  • אם = em = madre

In questo lavoro le opere più utili sono state [1a] ed [1b]; [2] è un dizionario dell'ebraico biblico piuttosto vecchio, ma ha ancora un pregio per lo studente principiante: comprende tutte le forme flesse, attestate nella Bibbia, delle parole; [3] offre interessanti suggerimenti, ma non si può usare da solo.

Raffaele Yona Ladu, ebreo

venerdì 11 marzo 2016

Gregorio contro Tommaso



Una domanda che mi è stata posta da un amico cattolico (anzi, francescano) è perché i luterani ed i valdesi sono più flessibili dei cattolici nei confronti dell’omosessualità, bisessualità, transessualità.

Credo che uno dei motivi lo spieghi il libro [1], che ho studiato per l’esame di Storia della Riforma.

È noto che Lutero, Calvino ed i loro discepoli si sono ispirati alla dottrina della grazia di Agostino d’Ippona (innovandola, s’intende); un po’ meno noto è che Agostino, prima dei riformatori, ha ispirato una corrente della Scolastica chiamata “schola augustiniana moderna”, di cui l’esponente più eminente è stato Gregorio da Rimini (?-1358), eremitano agostiniano.

È un pensatore poco noto, perché nelle storie della filosofia, anche della Scolastica, viene schiacciato da colossi come il domenicano Tommaso d’Aquino ed il francescano Duns Scoto – ma sia Lutero che Calvino entrarono probabilmente in contatto con la sua scuola di pensiero.

Quello che fa notare McGrath, oltre all’affinità della sua dottrina della grazia (da cui discendono, già in Agostino, quella della giustificazione e quella della predestinazione) con quella dei riformatori, è che, mentre Tommaso d’Aquino e Duns Scoto sono dei realisti (il primo più moderato del secondo), Gregorio da Rimini è un nominalista.

I termini “nominalismo” e “realismo” vigono nella disputa degli “universali”, che si può riassumere così: le categorie concettuali con cui classifichiamo gli esseri (cioè gli “universali”) hanno una realtà oggettiva, oppure sono pure costruzioni intellettuali?

I realisti moderati come Tommaso d'Aquino ritengono che gli universali siano oggettivamente esistenti, ma solo Dio li possa conoscere “ante rem”, cioè a priori, mentre noi ci dobbiamo accontentare di conoscerli “post rem”, cioè a posteriori; se siamo bravi, possiamo individuarli pure “in re”, in quanto costituiscono l’essenza degli enti, apprezzabile con il ragionamento.

Il nominalista Gregorio da Rimini, invece, ritiene che essi non abbiano realtà oggettiva: noi non possiamo fare a meno di costruirli a causa delle limitazioni del nostro intelletto; l’Eterno invece, non avendole, può trattare singolarmente con tutti gli esseri individualmente presi, senza categorizzarli.

Potrei dedurre dal nominalismo che non categorizzare (le persone) senza necessità non significa solo applicare il “rasoio di Occam” (“è inutile fare con tante cose quello che si può fare con poche”, più noto nella forma "non si devono moltiplicare gli enti più del necessario"), non significa solo scansare il rischio di discriminazione, ma è anche “imitatio Dei”: come l’Eterno non categorizza, così dobbiamo fare il possibile per evitarlo.

E se proprio lo si deve fare, si abbia l'umiltà di riconscere che la classificazione ha uno scopo utilitario, e non ambisce a riprodurre una visione metafisica del mondo. E deve giovare, non nuocere; rispettare l'identità delle persone, non misurare il loro scarto rispetto ad un ideale metafisico.

Come programmatore di computer tendo al nominalismo: non pretendo di riprodurre in un database una visione del mondo che catturi l’essenza degli oggetti che tratto, ma solo i loro tratti essenziali per risolvere i problemi che affronto.

Per esempio, nello schedario generale rapporti di una banca non viene indicato se il cliente persona fisica è invalido civile e con quanti punti, perché qui il dato è irrilevante; invece può essere molto utile nel libro matricola di un’azienda, in quanto l’eventuale invalidità conferisce dei privilegi al lavoratore.

Tornando alla domanda iniziale, credo che il nominalismo dia alle teologie protestanti e riformate la flessibilità che manca a quella cattolica, improntata al realismo.

Se infatti si è convinti che gli universali siano oggettivamente esistenti, e si interpreta pedestremente Genesi 1:27 (“Maschio e femmina Iddio li creò”) come la dichiarazione che “mascolinità” e “femminilità” siano degli universali di cui le proprietà sono state stabilite ab aeterno, e che questi universali esisterebbero pure se, per assurdo, non esistessero esseri maschili e femminili che li incarnassero (allo stesso modo in cui il Teorema di Pitagora continuerebbe ad essere valido anche se nessuno più disegnasse un triangolo rettangolo), allora ci si mette nell’impossibilità di capire intersessualità e transessualità, mentre omosessualità e bisessualità vengono patologizzate.

Ricordo che l’Associazione Lieviti ha assunto questo nome proprio per protestare contro il binarismo dei sessi e dei generi – ci sono specie di ascomiceti in cui c’è solo un “mating type”, ed altre in cui ce ne sono centinaia, con complicate regole di accoppiamento; nel comune lievito di birra ci sono solo due “mating types”, ma il lievito selvatico (quello coltivato viene geneticamente modificato per impedirglielo) può passare agevolmente da un “mating type” all’altro. Sono organismi eucarioti esattamente come gli esseri umani, e questo smentisce che “mascolinità” e “femminilità” siano degli universali con proprietà stabilite ab Aeterno.

Ed una teologia cattolica nominalista mi pare possibile, visto che il nominalismo non è mai stato dichiarato eretico, se non nella forma estrema che aveva avuto in Roscellino, il quale aveva negato che esistesse una divinità comune alle tre persone della Trinità (ponendosi così fuori dal cristianesimo); il francescano Guglielmo d'Ockham fu processato e condannato, ma poi riabilitato; e né Gregorio da Rimini, né i suoi epigoni, sono stati condannati per questo  – sono i no-gender che pronunciano giudizi senza averne ricevuto l’incarico.

Ed il motivo è chiaro: gli storici del diritto che ho letto (vedi ad esempio [2]) avvertono che il passaggio dal diritto naturale al diritto positivo, e l’emergere dei diritti della persona, in contrapposizione all’inchiodarla ad un ruolo sociale prestabilito, è stato reso possibile dalla transizione dal realismo di Tommaso d’Aquino al nominalismo di Guglielmo d’Ockham (ripreso dal qui citato Gregorio da Rimini).

Ritornare al realismo significa ritornare al dispotismo. Vedete se vi conviene.

Raffaele Yona Ladu, ebreo.