Un amico cattolico gay mi ha chiesto un parere sul documento [1], che è così importante che molti psicologi cattolici, quando affrontano il problema della queerness (cioè degli orientamenti sessuali non etero e delle identità di genere non cis), citano senza dirlo quel documento prima ancora della letteratura scientifica sull'argomento. Non è la gerarchia delle fonti che ci si aspetta da un uomo di scienza.
Al mio amico ho scritto una critica feroce che non ritengo indispensabile ripetere qui, se non quanto basta per attirare l'attenzione sul paragrafo 5, che per comodità vi cito qui (i corsivi sono miei):
5. È vero che la letteratura biblica è debitrice verso le varie epoche, nelle quali fu scritta, di gran parte dei suoi modelli di pensiero e di espressione (cf. Dei Verbum, n. 12). Certamente, la Chiesa di oggi proclama il Vangelo a un mondo che è assai diverso da quello antico. D'altra parte il mondo nel quale il Nuovo Testamento fu scritto era già notevolmente mutato, per esempio, rispetto alla situazione nella quale furono scritte o redatte le Sacre Scritture del popolo ebraico.
Dev'essere tuttavia rilevato che, pur nel contesto di tale notevole diversità, esiste un'evidente coerenza all'interno delle Scritture stesse sul comportamento omosessuale. Perciò la dottrina della Chiesa su questo punto non è basata solo su frasi isolate, da cui si possono trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica. L'odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all'interno delle quali le antiche Scritture furono redatte, continua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di Verità di cui esse sono Parola. È egualmente essenziale riconoscere che i testi sacri non sono realmente compresi quando vengono interpretati in un modo che contraddice la Tradizione vivente della Chiesa. Per essere corretta, l'interpretazione della Scrittura dev'essere in effettivo accordo con questa Tradizione.
Il Concilio Vaticano II così si esprime al riguardo: « È chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime » (Dei Verbum, n. 10). Alla luce di queste affermazioni viene ora brevemente delineato l'insegnamento della Bibbia in materia.
Questo brano (specialmente nei periodi evidenziati in corsivo) pone la parola fine al dialogo ecumenico, con ebrei e cristiani, in quanto stabilisce senza possibilità di appello che l'unica interpretazione corretta possibile della Bibbia è quella della Congregazione della Dottrina della Fede, non importa quanto antiletterale od incoerente.
La chiesa cattolica non si dimostra attrezzata a gestire il pluralismo religioso al proprio interno, al contrario di quello che, ad esempio, accade tra gli ebrei. Non sto parlando solo della grande varietà di denominazioni ebraiche odierne, che interpretano la Bibbia in modo discordante sia tra loro che con la chiesa cattolica, ma anche di una cosa già presente all'epoca di Gesù: le zugot - coppie.
Chi ha studiato diritto romano sa che per tre secoli (tra il 55 AEV ed il 180 EV circa) ci furono due scuole giuridiche che si contrapponevano: i proculiani ed i sabiniani; non è facile riassumere le differenze d'opinione tra le due scuole, e mi limito ad osservare che i giuristi ne debbono tenere conto, sapendo che solo il passare del tempo e l'evoluzione della disciplina hanno portato ad una sintesi unitaria, dopo il 180 EV.
Qualcosa di simile era accaduto tra i rabbini in Terra d'Israele: il dibattito sulla legge religiosa, alimentato dalla Torah scritta e da quella orale, aveva dato vita a diverse scuole, ed a capo dei rabbini si era deciso perciò di nominare un paio di persone ogni volta ("zug" in ebraico vuol dire "coppia", e "zugot" è il suo plurale - la parola probabilmente viene dal greco "zygos"), ovvero i capi delle due scuole più autorevoli.
Questa situazione durò tra il 535 AEV ed il 70 EV, e l'ultima coppia, la più famosa, era composta dai maestri Shammai (50 AEV - 30 EV) ed Hillel (110 AEV - 10 EV); dopo la morte di entrambi il sistema fu abolito, e la temporanea supremazia della scuola di Shammai cessò dopo la distruzione del Tempio ed il Concilio di Yavne, quando fu la scuola di Hillel ad assumere l'egemonia, ed a foggiare a propria immagine l'ebraismo fino ad oggi.
Gli autori del Talmud vollero comunque tramandare l'eco delle dispute tra le due scuole, e diedero una poetica spiegazione di come mai il dominio era passato alla scuola di Hillel:
Rav Abba disse a nome di Shmuel: "Per tre anni la scuola di Shammai e la scuola di Hillel litigarono tra loro. Uno diceva: "L'halachà [legge ebraica] segue i nostri insegnamenti", e l'altra diceva: "L'halachà segue invece i nostri". Una voce dal Cielo si fece sentire dicendo: "Queste e quelle sono parole del Dio vivente, ma l'halachà segue gli insegnamenti della scuola di Hillel". Poiché entrambe sono parole del Dio vivente, perché mai meritò la scuola di Hillel di avere l'halachà stabilita secondo i suoi insegnamenti? Perché i suoi esponenti erano gentili e modesti, studiavano le loro dottrine e quelle della scuola di Shammai, ed inoltre, prima citavano i detti della scuola di Shammai, e poi i loro propri.
Non si è obbligati a prendere alla lettera questo racconto, più poetico che storico, ma è molto interessante notare che il vincitore (la scuola di Hillel) non ha voluto delegittimare lo sconfitto (la scuola di Shammai) dicendo che quello che insegnava era un fraintendimento od una mistificazione della parola di Dio - tant'è vero che il Talmud ha voluto tramandare anche gli insegnamenti della scuola di Shammai, pur non avendo più essi alcuna utilità pratica, proprio per rispetto alle parole del Dio vivente che quella scuola esprimeva.
Il pregio della scuola di Hillel era quindi più nel metodo che nel merito, ed i lettori cristiani gongoleranno scoprendo che il medesimo foglio del Talmud dice pure: "Questo insegna che chi si umilia, Dio Benedetto lo innalza; chi si esalta, Dio Benedetto lo umilia".
Non si può dire lo stesso dell'autore di [1]: quando scrive, nel paragrafo 6 (il corsivo è mio):
Così il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma (cf. Gen 19, 1-11). Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali.
Questa è una sfida contro tutte le persone che si sono lette la Bibbia, e non possono fare a meno di confrontare Genesi 19:1-11 con Ezechiele 16:49, Matteo 10:11-15, Luca 10:5-12, e concludere (come ho fatto io qui) che il peccato di Sodoma e Gomorra era il mobbing compiuto in forma particolarmente grave, ricorrendo anche alla violenza sessuale per cacciare gli stranieri dalla città.
Ma è anche una sfida contro tutte le denominazioni ebraiche (salvo i caraiti) che appunto interpretano così quel racconto biblico (vedi qua), e le molte confessioni cristiane riformate che fanno altrettanto.
Non solo: mi sono permesso di citare, oltre ad Ezechiele 16:49, Matteo 10:11-15 e Luca 10:5-12 per mostrare che questo periodo, che si trova nel citato paragrafo 5 del documento:
Non solo: mi sono permesso di citare, oltre ad Ezechiele 16:49, Matteo 10:11-15 e Luca 10:5-12 per mostrare che questo periodo, che si trova nel citato paragrafo 5 del documento:
L'odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all'interno delle quali le antiche Scritture furono redatte, continua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di Verità di cui esse sono Parola.
È un falso storico. I due brani evangelici mostrano chiaramente che Gesù su Sodoma e Gomorra la pensava come gli ebrei di oggi, non come la Congregazione della Dottrina della Fede di oggi: infatti, il discorso di Gesù (riportato da due Vangeli, cosa che secondo gli esegeti cristiani prova la sua autenticità) sarebbe retoricamente insipido se il peccato di Sodoma e Gomorra fosse stato l'omosessualità, invece è retoricamente efficacissimo se è la mancanza di ospitalità, espressa addirittura contro i messaggeri di Dio ("malakh = angelos = messaggero"), tanto ai tempi di Abramo, come in quello di Gesù.
L'allusione a Sodoma e Gomorra sembra uno schiaffo in faccia all'ex-gesuita John McNeill, specialista nello sdoganare l'omosessualità attraverso l'esegesi biblica, ed un'ammonizione a tutti i cristiani: non serve a nulla che vi documentiate e ragioniate con la vostra testa, e che la vostra interpretazione sia più aderente al testo ed al contesto della nostra, perché se non date ragione a noi vi scomunichiamo.
Grazie, ne sono onorato!
Grazie, ne sono onorato!
Raffaele Yona Ladu
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